Abbiamo fatto riferimento ad un intervento del Papa Paolo III nel 1537 nel precedente scritto.
Ora, facciamo riferimento ad  Alessandro VII che nel secolo sucessivo con una Istruzione si rivolge ai missionari che erano in partenza per Tonkino e Concincina, invitandoli al rispetto massimo delle culture con le quali si dovevano incontrare nella loro opera di evangelizzazione. Sappiamo però che nella pratica il comportamento fu assai diverso e per giungere ad un certo rispetto delle altre culture bisognerà arrivare fino al secolo XX.
C'era presente nell'opera missionaria una profonda sfiducia verso i popoli evangelizzati, verso i quali si adottava un sistema paternalista, già inficiato di razzismo, secondo il quale si richiedeva all'Europa un numero sempre crescente di missionari perchè non si poteva contare sul clero indigeno.
Nel Concilio Vaticano I° nel 1870 erano presenti 15 vescovi europei, missionari nel Regno di Cina, che tennero assemblee particolari per discutere i problemi della missione, e si trovarono d'accordo nell'affermare che i duecento sacerdoti cinesi presenti sul territorio, dovevano essere trattati come allievi e figli, ma non come uguali e fratelli.
Bisognerà attendere Papa Pio XII perchè un vescovo cinese possa entrare a far parte del Sacro Collegio Cardinalizio.
Non si deve però pensare che non ci sia stata anche un'altra tattica missionaria basata sulla convinzione che nessun popolo è totalmente nell'errore e nel peccato, per cui al neofita non si deve chiedere di abbandonare tutta la sua vita precedente.
In questa linea, recoletti, gesuiti, sulpiziani, missionari in Canada, dichiararono che gli indios erano autentici figli di Dio e che la loro cultura si rivelava evangelicamente superiore a quella europea, al punto che la condivisione e la carità che vivevano era paragonabile a quella che animava le prime comunità cristiane.
Altra prova di un'opera missionaria mirante a incarnare il cristianessimo nelle varie culture senza distruggerle è la Fondazione della "Società delle Missioni Estere" nata a Parigi nel 1664 che aveva come scopo la formazione di clero indigeno.
Non si vuole quindi assolutamente affermare che l'opera missionaria della Chiesa sia stata sempre e dovunque nazionalista e razzista, ma non si deve neppure negare che in alcuni casi questo è avvenuto, anche nell'ultimo secolo. Don Angelo (Fine)